Ricorso  della  Provincia  autonoma  di   Trento   (cod.   fisc.
00337460224), in persona del Presidente della Giunta provinciale  pro
tempore  dott.  Ugo  Rossi,   previa   deliberazione   della   Giunta
provinciale 6 ottobre 2014, n. 1713 (doc. 1) e delibera  di  ratifica
del  Consiglio  provinciale  14  ottobre  2014,  n.  16   (doc.   2),
rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 28072 del 13
ottobre 2014 (doc. 3), rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, Ufficiale
rogante della Provincia, dall'avv. prof.  Giandomenico  Falcon  (cod.
fisc. FLCGDM45C06L736E) di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli (cod.
fisc. PDRNCL56R01G428C) dell'Avvocatura della  Provincia  di  Trento,
nonche' dall'avv. Luigi Manzi (cod. fisc. MNZLGU34E15HS01Y) di  Roma,
con domicilio eletto presso quest'ultimo in  via  Confalonieri,  n.5,
Roma, 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  53,
comma 1, del decreto-legge 24 giugno  2014,  n.  90,  recante  Misure
urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e  per
l'efficienza degli uffici giudiziari, convertito, con  modificazioni,
nella legge  11  agosto  2014,  n.  114,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 190 del 18 agosto 2014, 
    per violazione: 
        dell'art. 75 dello Statuto speciale approvato con  il  d.P.R.
31 agosto 1972, n. 670; 
        del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, in particolare
articoli 9, 10 e 10-bis, 
    nei modi e per i profili di seguito illustrati. 
 
                                Fatto 
 
    Il Titolo IV del d.l. 90/2014 contiene  disposizioni  volte,  fra
l'altro, all'attuazione del processo civile telematico". Il  capo  II
reca  «disposizioni  per  garantire   l'effettivita'   del   processo
telematico». 
    L'art. 53, inserito in questo capo, detta la Norma  di  copertura
finanziaria, stabilendo che  «alla  copertura  delle  minori  entrate
derivanti  dall'attuazione  delle  disposizioni  del  presente  capo,
valutate in 18 milioni di euro per l'anno 2014 e 52,  53  milioni  di
euro a decorrere dall'anno 2015, di cui 3 milioni di euro per  l'anno
2014 e 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015 per l'attuazione
dell'articolo 46, comma 1, lettera d), 15 milioni di euro per  l'anno
2014  e  42,53  milioni  di  euro  a  decorrere  dall'anno  2015  per
l'attuazione dell'articolo 52, comma 2,  lettere  a),  b)  e  c),  si
provvede  con  le  maggiori  entrate   derivanti   dall'aumento   del
contributo  unificato  di  cui  all'articolo  13  del   decreto   del
Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.  115,  al  quale  sono
apportate le seguenti modificazioni [...]". 
    Le minori entrate di cui all'art.  46,  comma  1,  riguardano  la
marca da bollo prevista per le notifiche operate dagli  avvocati;  le
minori entrate di cui all'art. 52, comma 2, riguardano i  diritti  di
copia.  L'aumento  invece  riguarda,  come   detto,   il   contributo
unificato. 
    Tale  disposizione  non  stabilisce   espressamente   che   siano
riservate  allo  Stato   anche   le   "maggiori   entrate   derivanti
dall'aumento del contributo unificato" riscosso nel territorio  della
Provincia di Trento. L'art. 53, co. 1, dunque, potrebbe - e ad avviso
della ricorrente Provincia dovrebbe -  essere  inteso  nel  senso  di
riferirsi al maggior gettito  che  naturalmente,  secondo  le  regole
ordinarie del sistema, sia destinato ad affluire  al  bilancio  dello
Stato. In altre parole, a  tale  maggior  gettito  dovrebbe  comunque
applicarsi  l'articolo  75  dello  Statuto,  il  quale  riserva  alle
Province autonome di Trento e di Bolzano i nove decimi del contributo
unificato (v. infra). Tutto  cio',  si  sottolinea,  in  forza  delle
ordinarie regole  interpretative,  che  vietano  di  intendere  norme
generali,  di  livello  legislativo   ordinario,   come   rivolte   a
contraddire norme speciali, per  giunta  dotate  di  superiore  forza
normativa, come le disposizioni  dello  Statuto  di  autonomia.  Allo
stesso  risultato,  del  resto,  si  perviene  applicando  il  canone
dell'interpretazione costituzionalmente conforme. 
    Cio', del resto, a maggiore ragione in quanto, nella Provincia di
Trento, il  calo  delle  predette  entrate  colpisce  soprattutto  la
Provincia stessa, che a norma di Statuto ne percepiva i nove decimi. 
    D'altro  canto,   l'assenza   di   espresse   limitazioni   nella
disposizione dell'art. 53, comma 1, e la mancanza di una clausola  di
salvaguardia  nel  d.l.  90/2014  potrebbero  indurre  ad  attribuire
all'art.  53,  comma  1,  un  significato  lesivo  delle  prerogative
costituzionali di questa Provincia. E' da ricordare che  la  sentenza
di codesta Corte n. 152 del 2011 ha ritenuto  l'applicabilita'  anche
nella Regione  siciliana  di  norme  che  riservavano  all'erario  il
gettito di tributi compartecipati dalla Regione Sicilia,  "posto  che
il d.l. in esame non contiene alcuna formula che  possa  configurarsi
quale clausola di salvaguardia delle attribuzioni  delle  Regioni  ad
autonomia speciale": clausola che, come detto, manca anche  nel  d.l.
90/2014; e che con la sentenza 145/2014 - pure relativa alla  Regione
Sicilia - codesta ecc.ma  Corte  ha  ritenuto  che,  "destinando  «le
maggiori entrate derivanti dal comma 3» alla  copertura  degli  oneri
nascenti dall'art. 7-bis", il legislatore abbia "riservato allo Stato
il maggior gettito, ovunque conseguito". 
    Ora, nel caso in cui l'art. 53, comma 1, sia  riferito  anche  al
maggior gettito riscosso nella  provincia  di  Trento,  esso  sarebbe
illegittimo per le seguenti ragioni di 
 
                               Diritto 
 
    Illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 75  St.  e
degli artt. 9, 10 e 10-bis d. lgs. 268/1992 
    Come visto, l'art. 53, co. 1, destina  allo  Stato  "le  maggiori
entrate  derivanti  dall'aumento  del  contributo  unificato  di  cui
all'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio
2002, n. 115". 
    L'art. 75 dello Statuto speciale, dopo aver  disposto  che  "sono
attribuite  alle  province  le  seguenti  quote  del  gettito   delle
sottoindicate entrate tributarie dello Stato, percette nei rispettivi
territori provinciali", assegna alle stesse province "i  nove  decimi
di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette  o  indirette,
comunque  denominate,  inclusa  l'imposta  locale  sui  redditi,   ad
eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti  pubblici"
(lett. g). 
    La natura "erariale" del contributo unificato e' pacifica: v.  la
sent. di codesta Corte 73/2005, punto 3 del Diritto. 
    Dunque, il maggior gettito del contributo unificato  -  riservato
allo Stato dalla norma  impugnata  -  rientra  evidentemente  tra  le
"entrate  tributarie  erariali,   dirette   o   indirette,   comunque
denominate", di cui all'art. 75, co.  1,  lett.  g),  St.  In  questi
termini, i nove decimi di esso spettano alla Provincia. 
    Da cio' deriva, con tutta  evidenza,  l'illegittimita'  dell'art.
53, co. 1, qualora riferito anche al maggior gettito  riscosso  nella
provincia di Trento. 
    Tale illegittimita' non potrebbe essere contestata facendo valere
la clausola di possibile riserva all'erario  statale  prevista  dalle
norme di attuazione di cui  al  d.  lgs.  268/1992.  Per  quanto  qui
rileva, infatti, l'art. 9 di tale decreto  dispone  che  "il  gettito
derivante da maggiorazioni di aliquote o  dall'istituzione  di  nuovi
tributi, se destinato per legge, per finalita' diverse da  quelle  di
cui al comma 6 dell'art. 10 e  al  comma  1,  lettera  b),  dell'art.
10-bis, alla copertura, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione,  di
nuove  specifiche  spese  di  carattere  non  continuativo  che   non
rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province,
ivi comprese quelle relative a calamita' naturali, e' riservato  allo
Stato,   purche'   risulti    temporalmente    delimitato,    nonche'
contabilizzato  distintamente   nel   bilancio   statale   e   quindi
quantificabile"; si aggiunge poi che "fuori dei casi contemplati  nel
presente articolo si applica quanto  disposto  dagli  articoli  10  e
10-bis». 
    Per una piu' completa comprensione di  questa  clausola  conviene
ricordare che l'art. 10 regolava la "quota variabile" di cui all'art.
78 dello Statuto, quota che e' stata  soppressa  dall'art.  1,  comma
107, della legge n. 191 del 2009 (comma emanato  ai  sensi  dell'art.
104 dello Statuto di autonomia),  come  parte  del  contributo  delle
Province autonome al conseguimento degli obbiettivi di perequazione e
di stabilita'. In relazione ad essa il comma 6 dell'art. 10 stabiliva
che "una  quota  del  previsto  incremento  del  gettito  tributario,
escludendo  comunque   gli   incrementi   derivanti   dall'evoluzione
tendenziale, spettante  alle  province  autonome  e  derivante  dalle
manovre  correttive  di  finanza  pubblica   previste   dalla   legge
finanziaria e dai relativi  provvedimenti  collegati,  nonche'  dagli
altri provvedimenti legislativi aventi le medesime  finalita'  e  non
considerati  ai  fini  della  determinazione  dell'accordo   relativo
all'esercizio finanziario precedente, da  valutarsi  al  netto  delle
eventuali   previsioni   di   riduzione   di   gettito    conseguenti
all'applicazione  di   norme   connesse,   puo'   essere   destinata,
limitatamente agli esercizi previsti dall'accordo, al  raggiungimento
degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica  previsti  dai
precedenti provvedimenti". 
    A sua volta, l'art. 10-bis dispone che "entro la data di  cui  al
comma 2 dell'art. 10 e' altresi' definito l'accordo tra il Governo  e
il presidente della giunta regionale che individua: a)  la  quota  da
destinare al bilancio dello Stato del gettito tributario derivante da
maggiorazioni di aliquote di  tributi  o  dall'istituzione  di  nuovi
tributi, se destinato per legge alla copertura, ai sensi dell'art. 81
della Costituzione,  delle  spese  di  cui  all'art.  9,  qualora  il
predetto  gettito  non  risulti  distintamente   contabilizzato   nel
bilancio dello Stato, ovvero temporalmente delimitato; b) l'eventuale
quota delle spese derivanti  dall'esercizio  delle  funzioni  statali
delegate alla regione, che rimane a carico del bilancio della regione
medesima, in relazione alle disposizioni di cui al comma 6  dell'art.
10, da determinarsi nei limiti del previsto  incremento  del  gettito
tributario derivante dalle manovre correttive  di  finanza  pubblica,
nonche' tenuto conto della quota di cui alla lettera a)". 
    In altre parole,  sin  da  prima  della  modifica  dello  Statuto
concordata nel 2009 tra lo Stato e la Regione e le Province  autonome
(e  tradotta  -  a  termini  dell'art.  104  dello  Statuto  -  nelle
pertinenti disposizioni della 1. n. 191 del 2009), solo attraverso lo
strumento dell'accordo possono essere riservate risorse  allo  Stato,
secondo le disposizioni degli artt. 10 e 10-bis dello stesso d.  lgs.
n. 268/1992 , al di fuori dei rigorosi  presupposti  per  la  riserva
all'erario di cui all'art. 9 del d.lgs. 268/1992. 
    Ad avviso della ricorrente Provincia  risulta  evidente  che,  in
relazione  all'art.  53,  co.  1,  d.l.  90/2014,  non  sussistono  i
requisiti  posti  dall'art.  9  d.  lgs.  268/1992  per  la   riserva
all'erario del "gettito derivante  da  maggiorazioni  di  aliquote  o
dall'istituzione di nuovi tributi". 
    Tali requisiti sono stati sintetizzati dalla sentenza di  codesta
Corte n. 182/2010, secondo la quale "tale articolo richiede,  per  la
legittimita'  della  riserva  statale,  che:  a)  detta  riserva  sia
giustificata da «finalita' diverse  da  quelle  di  cui  al  comma  6
dell'art. 10 e al comma 1, lettera b), dell'art. 10-bis» dello stesso
d.lgs. n. 268 del 1992,  e  cioe'  da  finalita'  diverse  tanto  dal
«raggiungimento  degli  obiettivi  di  riequilibrio   della   finanza
pubblica» (art.  10,  comma  6)  quanto  dalla  copertura  di  «spese
derivanti  dall'esercizio  delle  funzioni  statali   delegate   alla
regione» (art. 10-bis,  comma  1,  lettera  b);  b)  il  gettito  sia
destinato per legge «alla copertura,  ai  sensi  dell'art.  81  della
Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo
che non rientrano nelle materie di competenza della regione  o  delle
province, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali»;  c)  il
gettito  sia  «temporalmente   delimitato,   nonche'   contabilizzato
distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile»". 
    Ora, l'art. 53, comma 1, non prevede  una  limitazione  temporale
ne' del maggior gettito ne' della riserva di esso al bilancio statale
e, inoltre, non prevede la separata contabilizzazione. 
    Inoltre, il maggior gettito e' destinato a coprire non "spese" ma
"minori entrate" e, dunque, la riserva ha sostanzialmente  uno  scopo
di riequilibrio della  finanza  pubblica,  cioe'  uno  scopo  escluso
dall'art. 9 d. lgs.  268/1992.  Anche  qualora  le  "minori  entrate"
fossero assimilabili alle spese, esse sono continuative (come risulta
dall'inciso "a decorrere dall'anno 2015"),  e,  dunque,  anche  sotto
questo profilo l'art. 53, co. 1, viola l'art. 9 d. lgs. 268/1992. 
    Pare chiara, dunque, l'illegittimita' della norma impugnata,  per
violazione dell'art. 75, lett. g), dello  Statuto  speciale  e  degli
artt. 9, 10 e 10-bis d.lgs. 268/1992. 
    Si puo' qui ricordare che la sent. 142/2012  ha  dichiarato,  per
mancanza    della    delimitazione    temporale,     l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 23, comma 21, d.l. 98/2011, "nella parte  in
cui dispone che sia integralmente versato al bilancio dello Stato  il
gettito  dell'addizionale  erariale   sulla   tassa   automobilistica
provinciale percetto nei rispettivi territori delle Province autonome
di Trento e di Bolzano e non attribuisce a ciascuna di tali  Province
autonome i nove decimi di detto gettito" (v. anche le sentt. 241/2012
e 145/2014).